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Il valore dell’economia del Mare per lo sviluppo del sistema Italia

Un settore resiliente, digitale e sostenibile
06.10.2022
tempo di lettura: 6 min

L’economia del mare è uno dei settori che guida la crescita del nostro sistema Italia; gli ultimi dati evidenziano un valore aggiunto di oltre 50 miliardi di euro ed un valore dell’interscambio che avviene via nave che è arrivato a quasi 280 miliardi di euro. Queste le indicazioni principali dell’ultimo Rapporto annuale di SRM (Centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) “Italian Maritime Economy” presentato a Napoli il 29 settembre nel corso della manifestazione internazionale ‘Naples Shipping Week’, che ha evidenziato, tra le analisi e le statistiche effettuate, il grande valore strategico dell’Economia del Mare.

In Italia abbiamo circa 12.600 imprese che appartengono alla filiera dei trasporti marittimi con punte di eccellenza sulla cantieristica e sul settore armatoriale; i porti italiani servono destinazioni in tutto il mondo ed accolgono ogni anno approssimativamente 500 milioni di tonnellate di merci di tutte le tipologie: container, prodotti petroliferi e chimici, carichi secchi (es. grano e cereali) e il cosiddetto Ro-Ro (Roll on - Roll off vale a dire merci rappresentate da autoveicoli commerciali e mezzi pesanti).

Il dibattito sulla competitività del settore, che è parte di una più ampia filiera logistica (che comprende anche i trasporti via aereo, terra e ferrovia), è tornato alla ribalta con i due fenomeni disruptive che hanno caratterizzato l’economia mondiale: la guerra e la pandemia.

Si è acquisita nuova consapevolezza che dotarsi di infrastrutture di qualità ed efficienza nella movimentazione delle merci può rendere un sistema Paese più resiliente agli shock economici; questo vale ancor di più se alla suddetta qualità si aggiungono due ulteriori driver quali la sostenibilità e la digitalizzazione.

La sostenibilità, intesa nelle sue varie accezioni (Green Port, Green Logistics, Green Shipping) dovrà diventare un elemento stabile delle strategie del nostro sistema Italia e non estemporaneo, in quanto collegato ai meccanismi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il PNRR prevede infatti progetti rivolti a favorire lo sviluppo delle nostre infrastrutture marittime e logistiche pari a circa 15 miliardi di euro che andranno a finanziare progetti di resilienza nei porti, Zone Economiche Speciali, sistemi intermodali, elettrificazione delle banchine, tecnologie marittime.

Di pari passo la digitalizzazione, intesa come tutto ciò che potrà essere rivolto a sburocratizzare e smaterializzare i numerosi documenti che servono ad adempiere le varie fasi cui sono sottoposte le merci che sbarcano nei porti (controlli sanitari, doganali, di sicurezza, etc.) e come tutto ciò che può rendere in generale la logistica sempre più rapida ed efficiente nel movimentare le merci (sistemi di automazione portuale e di riduzione delle emissioni).

Non si può sottacere però che il nostro sistema marittimo, benché forte, con operatori di livello e strutturato, sconti dei ritardi rispetto ai più blasonati Paesi del Nord Europa che hanno compreso prima di noi (molto tempo addietro) quanto fosse importante questo settore; anche inserendolo a pieno titolo nelle cattedre Universitarie e non a caso Rotterdam, Amburgo e Anversa sono ormai delle realtà di livello mondiale ed i porti di riferimento sono diventati hub logistici di tutta Europa; è paradossale pensare che questo non avvenga per il nostro Paese che affaccia completamente al centro del Mediterraneo.

Il Mediterraneo che rappresenta il 20% del traffico merci mondiale (più di 2 miliardi di tonnellate annue) e che vede in Suez un grande canale di snodo dei transiti di navi; il Mediterraneo che è anche sponda di un continente che sta evolvendo con passi da gigante nel settore marittimo, basti ricordare i progressi fatti dai Porti di Tangeri (Tanger Med) e Port Said (proprio allo sbocco di Suez), sedi di due grandi free zone che attraggono investimenti di imprese da tutto il mondo.

Realizzare politiche più incisive che possano ulteriormente legare l’economia del mare alla nostra industria manifatturiera deve diventare un elemento strategico per guidare il nostro Paese nel futuro, non solo perché lo impone il PNRR ma anche perché è un comparto che secondo gli studi più autorevoli ha un fortissimo fattore moltiplicativo; 1 euro investito ne genera ulteriori 2,6 nell’economia ed un occupato del settore ne crea 3,2 nell’indotto.

E’ un settore che in questo momento è chiamato a sfide importanti e l’Italia deve essere in prima fila per ritrovare nuovo slancio competitivo.

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